Deliceto è un paese che si sente città. Lo percepiamo appena arrivati, dai tanti negozi, dalle alte palazzine della periferia, dal via vai che dal corso nuovo ti accompagna sino a piazza Europa, “affuor a la port”, come la chiamano ancora qui.
La piazza, nuova, è affollata di bar e automobili, ma da qui parte corso Margherita, spina dorsale dell’antico centro storico. A Deliceto il corso vecchio è ancora il palcoscenico privilegiato della vita del paese.
Ma, allontanandosi dal corso, anche qui le case vuote e il silenzio si impongono.
Di fronte al castello normanno-svevo, incagliato sulla collina come prua del paese, abitano ormai solo alcuni stranieri e pochi anziani, che ci raccontano di quando ci si spostava qui dalla Calabria e dalla Basilicata in cerca di lavoro, e il paese gremiva di gente tutto l’anno.
Ma non ascoltiamo solo storie di abbandoni, di partenze. Al Bar Centrale incontriamo Stefano, giovane studente di Deliceto. Ci accompagna tra i vicoli del centro e ci mostra come lui e i sui amici stiano provando a riappropriarsi di questa parte di paese, ritrovandosi sempre più spesso tra queste case, a volte prendendole in affitto o comprandole a poco prezzo. Ci accoglie nella sua casa, in quella stessa via Calabria a cui hanno dato il nome i lavoratori forestieri di tanti decenni fa.
Mentre discutiamo di nuovi possibili modi di abitare questi paesi, notiamo, sulla parete, il manifesto del Festival della Paesologia di Aliano.