Abbiamo quindi realizzato cinque cartine rielaborando il tema delle mappe del pellegrino, antiche narrazioni bidimensionali che, tramite l’ausilio di immagini e annotazioni, accompagnavano i viaggiatori.
Dall’insieme di queste differenti letture i paesi si mostrano come nuovi spazi di sperimentazione, di possibilità.
Emerge tuttavia la necessità che questi luoghi si aprano all’esterno, che livello globale e locale si intreccino così da rompere la condizione di isolamento preservando, al tempo stesso, quelle lacune che li rendono, oggi, così interessanti.
Pensiamo che, per fare ciò, ci sia bisogno di una rete di luoghi fisici, consapevoli e connessi, che, inseriti nei paesi, generino processi di trasformazione aggregando abitanti stabili e temporanei.
Dei luoghi che funzionino da piazze, al tempo stesso fisiche e virtuali, per colmare le distanze tra paesi e facilitare l’interazione con la città, salvaguardando al tempo stesso specificità e vocazioni.
Degli incubatori che rendano possibile l’invasione dell’urbano necessario nel paese che ci vuole.