Anche a Panni “il paese non è in paese”, ci dicono, ma più giù, lontano dai vicoli e dalle pietre.
l vecchio centro è un susseguirsi di case vuote e annunci di vendita, tutto è curato ma silenzioso, ci parla del passato ma ha un fascino nuovo. Siamo in alto, lontani dalla pianura, e si sente: l’aria è più buona, ma gli abitanti sono sempre di meno.
Incontriamo Antonietta nel suo bar, l’unico dove riusciamo a trovare qualcosa da mangiare alla controra. Ha vissuto per anni a Prato, insieme a tanti suoi compaesani, emigrati in cerca di lavoro. Lei è tornata a Panni perché, ci dice, “bisogna riportare dove si è nati ciò che si è imparato fuori”.
Giovanni invece dal paese non è mai andato via. Ci ferma per proporre a Maria, unica vegetariana del gruppo, di aiutarlo a scannare un maiale. Dobbiamo declinare l’invito, e alla fine anche lui sembra preferire rimanere a chiacchierare con noi.
Ci parla delle feste patronali, del medico di paese, delle case ancora tutte piene, di quando la Fiat ha aperto a Melfi e i giovani hanno lasciato le campagne. Ma non è nostalgia la sua, si può stare ancora bene da queste parti.